La voce di Pizzul attraversa decenni di calcio e di vita, ricordando un tempo in cui il pallone univa davvero persone e comunità
La targa “Paolo Scorsetti” celebra ogni anno un libro dedicato a grandi figure dello sport e, per questa edizione, il riconoscimento va al volume “Bruno Pizzul, una voce nazionale” scritto da Francesco Pira e Matteo Femia.

In attesa della cerimonia del 24 settembre, il racconto si concentra sulla storia e sul lavoro di Bruno Pizzul, una voce che ha accompagnato milioni di italiani. Per approfondire la figura del celebre telecronista incontriamo uno degli autori, Francesco Pira.
Pizzul ha narrato al Paese il calcio pulito come solo un grande professionista sa fare. Quando si confronta quel mondo con quello attuale, troppo spesso legato a scandali e inchieste, emerge una domanda precisa: che cosa è cambiato?
Pira ricorda un giovane Pizzul cresciuto nella Cormonese, negli anni in cui molti friulani scendevano a giocare al Sud per cercare opportunità. Tra questi c’era anche una vera pattuglia friulana a Catania. Pizzul è uno dei pochi calciatori capaci di laurearsi in Giurisprudenza mentre giocava, un esempio che racconta sacrificio e determinazione.
Oggi, con il crescente coinvolgimento dei calciatori nel calcio scommesse, la “fame” sembra cambiata. Che indicazioni dà Pizzul su questo fenomeno? Secondo lui, il calcio del passato non era davvero così pulito, perché problemi e scandali non mancavano neppure allora. Poco prima degli Europei aveva ricordato che, quando il calcio italiano tocca il fondo, spesso riesce a risollevarsi.
Servono nuove strade, nuove idee. Una delle riflessioni più nette riguarda le scuole calcio: Pizzul non è del tutto convinto di un modello troppo regolamentato. Da ragazzo poteva giocare liberamente, provare, sbagliare, creare. Con l’avvento delle scuole calcio, secondo lui, sono diminuiti i grandi talenti italiani.
Il valore dell’onestà e della lealtà verso i compagni
Nel dialogo emergono anche i valori etici. Il primo è l’onestà, che nel calcio significa non sovvertire le regole. L’idea che un calciatore possa scommettere sulla propria partita è qualcosa che lascia interdetti. Un secondo valore è la lealtà, verso i compagni e persino verso gli avversari.
Non sempre è un principio rispettato, e basta pensare alla famosa testata che colpì un calciatore italiano. Un terzo valore riguarda la capacità dello sport di creare comunità. Un tempo una semplice palla di pezza bastava per far giocare insieme italiani e jugoslavi al confine. Oggi è molto più difficile, e gli episodi di razzismo negli stadi lo dimostrano.
Il libro dedicato a Bruno Pizzul prova a raccontare tutto questo: un calcio fatto di storie, scelte, errori e valori, dove la voce di un telecronista è diventata memoria collettiva.




